«Italia, pizza e mandolino». «Italia, terra di poeti e naviganti».
Dovremmo aggiungere «Italia, terra del miele».
Eh già, perché nel ricco panorama dei prodotti tipici della nostra penisola il miele occupa un posto di primissimo piano, anche se spesso dimenticato.
Le peculiarità geografiche dell’Italia la rendono estremamente ricca di ambienti naturali: montagna alpina e appennino; collina e pianura; foreste di latifoglie e di conifere; mare, laghi, lagune e ambienti fluviali. Ciascuno dei quali è “terreno fertile” per lo sviluppo di piante e fiori caratteristici, materia prima senza la quale, sarebbe impossibile produrre miele.
Soprattutto, la grande disponibilità nella nostra penisola di fiori e piante diverse, con diversi tempi di fioritura, permette una ricca raccolta di miele monoflora, ovvero miele il cui nettare proviene, in netta prevalenza, da un’unica origine botanica, tanto da risultarne sufficientemente caratterizzato dal punto di vista delle peculiarità analitiche e soprattutto organolettiche.
L’Italia, essendo il paese con la maggior biodiversità al mondo, è la regione geografica che regala il maggior numero di miele monofora. L’elenco comprende oltre 50 varietà diverse: dall’acacia ai mieli di agrumi (arancio, limone. mandarino); dal timo al corbezzolo; dal castagno all’eucalipto, passando per il miele di trifoglio, sulla, rododendro, tiglio, ciliegio, girasole, tarassaco e cardo, solo per citarne alcuni. Senza contare le melate di bosco e di abete, che le api producono a partire dalle sostanze zuccherine secrete dagli afidi delle piante.
L’Italia è un unicum nel mondo del miele: un territorio estremamente differenziato che mette a disposizione un gran numero di fioriture scalari di essenze ad alto valore mellifero
CUNEO, LA “PROVINCIA MELLIFERA”
All’interno della vasta produzione di mieli monoflora italiani, la provincia di Cuneo spicca sulle altre. Qui la concertazione di fioriture è eccezionale, grazie alla varietà di paesaggi e specie botaniche.
Nella Granda la raccolta del miele inizia appena sboccia la primavera, grazie ai gialli fiori di tarassaco, per poi proseguire con quella dell’acacia, che fiorisce a inizio maggio fino ai 1000 metri di altezza. Il miele di castagno viene bottinato dalle api a partire da metà giugno, mentre quello di rododendro, la “rosa delle alpi”, una vera rarità perché prodotto nei pressi dei pascoli a più di 1500 metri, avviene da metà giugno a metà luglio (inoltre i fiori del rododendro impiegano 2 anni per sbocciare!).
La stagione del miele prosegue, a fine giugno, con le fioriture del tiglio, un miele giallo oro che può presentarsi o più o meno cristallizzato e con un tipico profumo “mentolato”, e termina a luglio-agosto, con la melata di bosco e di abete, perché gli afidi amano il caldo e l’umidità delle foreste.
Atlante dei mieli italiani prodotti da Brezzo
GERVASIO BREZZO E IL NOMADISMO
Tante e tali sono le varietà di miele che è possibile produrre in provincia di Cuneo, che qui, verso la metà del ‘900, si sono sviluppati i primi esperimenti di apicoltura nomade razionale, ovvero la pratica di spostare le arnie nei tempi e nei luoghi in cui avvengono le fioriture; per raccogliere, lungo tutta la primavera e l’estate, diversi tipi di miele monoflora.
I primi esempi di nomadismo ci arrivano dall’antico Egitto e dai Romani, che muovevano le arnie lungo il corso dei fiumi, ma si trattava di operazioni volte ad aumentare la produttività, non la “purezza botanica”. Fu Don Giacomo Angeleri a introdurre in Piemonte la pratica del nomadismo e a formare in merito i professionisti del settore. Alle sue lezioni partecipava anche Gervasio Brezzo, fondatore dell’omonima azienda apistica (>>leggi il nostro post dedicato alla storia dell’apicoltura Brezzo) allora giovane ed energico apicoltore.
Gervasio fu uno dei primi “allevatori di api” a capire l’importanza del nomadismo per differenziare l’offerta e aumentare l’interesse commerciale e qualitativo dei mieli allora prodotti. Le foto di Gervasio e dei suoi figli che caricano le arnie su vecchi camion alla volta dei pascoli alpini hanno fatto storia; sono i primi documenti piemontesi in merito alla pratica del nomadismo apistico.
Così racconta un bell’articolo di Paolo Faccioli dedicato all’apicoltura in Val Varaita
[Gervasio Brezzo] Andò a prendere accordi col cognato di un pastore che portava le pecore a Monteu, percorrendo un tragitto di sette ore in bicicletta, ed ebbe la disponibilità: “La vallata è tutta vostra”, si sentì dire. Si procurò un residuato bellico, che impiegò cinque ore per percorrere 130 chilometri, e le api arrivarono mezze asfissiate. Ma la prima esperienza portò l’entusiasmo alle stelle, fece costruire 100 nuovi alveari e il secondo anno fece transumare una settantina di famiglie.
Oggi è anche grazie a Gervasio e alla sua lungimiranza che la famiglia Brezzo continua a tenere viva la pratica del nomadismo, diventando l’azienda italiana che produce la maggior varietà di mieli uniflorali.
[:en]«Italy, pizza and mandolin». «Italy, the land of poets and sailors».
We could also add «Italy, the land of honey».
Indeed, because among the many traditional products of our peninsula, honey is one of the most important – even though it is often forgotten.
The unique geographical characteristics of Italy has endowed it with a rich ensemble of natural resources: the Alps and the Apennines; hills and plains; forests of broad-leaved and coniferous trees; seas, lakes, lagoons and rivers. Each is a “fertile soil” for the growth of typical plants and flowers, an important element without which producing honey would be impossible.
Above all, the great availability of different flowers and plants – with different blooming periods – in our peninsula allows the rich collection of monofloral (or unifloral) honey: this is made with nectar that predominantly comes from a single plant species, an element that characterizes its analytical and organoleptic properties.
Italy, a country endowed with a rich biodiversity, is the geographical region that offers the greatest number of monofloral honey. The list includes over 50 different varieties: acacia, citrus (orange, lemon, mandarin), thyme, lavender, chestnut, eucalyptus, clover, French honeysuckle, rhododendron, basswood, cherry, sunflower, dandelion and cardoon, to name a few. This does not include wood and fir honeydew, which bees produce from the sugary substances secreted by plant aphids.
Italy is unique in the world of honey: an extremely diversified territory which provides a great number of essences – in continuous bloom – that produce honey
CUNEO, THE “HONEY PROVINCE”
Within the vast production of Italian monofloral honeys, the province of Cuneo stands out from the rest. Here, the concurrence of flowering is exceptional, thanks to the variety of landscapes and plant species.
In the Granda, honey harvest begins as soon as spring comes, thanks to the yellow dandelion flowers, and it continues with the acacia flowers, which bloom in early May at the height of 1000 metres. Chestnut honey is foraged by bees starting from mid-June, while honey from rhododendron – the “rose of the alps” – a real rarity because it is produced near pastures at more than 1500 metres, is gathered from mid-June to mid-July (rhododendron flowers take 2 years to bloom!).
Honey season carries on, at the end of June, with the flowering of basswood, which produces a golden yellow coloured honey that can be more or less crystalized and has a typical “menthol” scent, and it ends between July and August, with wood and fir honeydew, because aphids like the heat and humidity of the forests.
GERVASIO BREZZO AND NOMADISM
Many and such are the varieties of honey which can be produced in the province of Cuneo that here, towards the mid-1900s, the first experiments in rational nomadic apiculture have been developed: it refers to the practice of moving the hives in accordance to the time and place in which flowering occurs, in order to gather different types of monofloral honey during spring and summer.
The first examples of nomadism have been practiced in Ancient Egypt and also by the Romans, who would move the hives along the rivers; but these have been aimed at incrementing production, and not at developing “botanical purity”. Giacomo Angeleri had introduced nomadism in Piedmont; he had also trained professionals in this field. Gervasio Brezzo, founder of the company of the same name (>>read our post about the history of Brezzo apiculture), who was then a young and energetic beekeeper, has also attended his lessons.
Gervasio was one of the first “bee breeders” who had understood the importance of nomadism in order to differentiate the product and increment the commercial and qualitative appeal of the honey produced. The photos of Gervasio and his sons who loaded the beehives on rickety trucks directed to the alpine pastures have made history: these are the first documents in Piedmont about the practice of apicultural nomadism.
Here is what a beautiful article by Paolo Faccioli had to say about apiculture in Val Varaita
[Gervasio Brezzo] He went to make arrangements with the brother-in-law of a shepherd who brought sheep to Monteu, covering a seven-hour stretch by bicycle, and he had the means: “The valley is all yours”, he heard him say. He had gotten hold of a war remains, which took five hours to cover 130 kilometres, and the bees had arrived almost suffocated. But this first experience has gotten him really excited: he had ordered 100 beehives to be made and in the following year he had migrated about seventy families.
Thanks to Gervasio and to his intuition, today Brezzo has continued to keep the practice of nomadism alive, becoming the Italian company which produces the most varieties of unifloral honeys, coming from eight Italian regions: Piedmont, Emilia-Romagna, Marche, Abruzzo, Puglia, Calabria, Sicily and Sardinia.
Perché le api sono attirate dai fiori? Scopritelo nel nostro nuovo post!
Il polline e il nettare sono il nutrimento fondamentale delle api e si trovano nei fiori e nelle piante.
Il primo fornisce soprattutto le proteine e riveste un ruolo principale per la nutrizione delle larve e delle api nutrici, il secondo arricchisce di zuccheri la dieta di questi insetti. I fiori, al fine di potersi riprodurre tramite impollinazione, mettono in atto una serie di strategie per trarre a sé le api. Alcune di queste sono molto semplici e conosciute, altre sono invece frutto di lavoro di seduzione a dir poco straordinario che, evoluitosi per milioni di anni, si è espresso in forme del tutto sorprendenti.
Una conversazione “onesta”, a scosse di Volt
Una curiosa tecnica usata dai fiori per attrarre gli impollinatori è quella di inviare segnali elettrici per comunicare la quantità di polline e nettare a disposizione.
Lo studio viene dall’Università di Bristol. Gli scienziati hanno spiegato che, attraverso scosse elettriche, i fiori rivelano all’ape la quantità di polline e nettare presente al loro interno: avverrebbe quindi una sorta di conversazione “onesta”, in cui la funzione dell’impollinatore verrebbe compensata da una palese promessa di “bottino”.
Ma come viene usata quest’arma di seduzione? I fiori sarebbero in grado di modificare la propria carica elettrica che, fino a 200 Volt, verrebbe percepita dalle api. Il piccolo e invisibile “scambio” trasmetterebbe quindi informazioni preziose all’impollinatore, spinto a posarsi su di un fiore piuttosto che su un altro. D’altra parte i fiori sono generosi: come affermano gli studiosi Daniel Robert, l’ultima cosa che vorrebbero è «attrarre un’ape per poi non riuscire a fornire nettare».
A qualcuno piace dolce: l’udito dei i fiori
Nel dicembre del 2018 sono stati pubblicati i risultati di alcuni esperimenti atti a verificare un’ipotesi davvero particolare.
Lilach Hadany, ricercatrice della Tel Aviv University, si era chiesta se anche le piante, proprio come gli animali, fossero in grado di percepire i rumori. I suoi studi su di una pianta della famiglia delle Onagraceae, l’Oenothera drummondii, hanno mostrato che la concentrazione di zucchero presente nel nettare di questa specie incrementa gradualmente dopo il passaggio delle api. A scatenare la dolcezza delle secrezioni non era però il bottinare degli insetti, ma le vibrazioni delle ali delle api, che l’Onagraceae è in grado di cogliere su precise frequenze. Al contrario, se sollecitata dalle vibrazioni del vento, ad esempio, la quantità di zucchero nel nettare non cambia. La prova che anche le piante possono “ascoltare” è arrivata sottoponendo i fiori a frequenze registrate simili a quelle prodotte dalle api: la concentrazione di zuccheri, ha mostrato la ricercatrice israeliana, aumentava anche del 20%!
Why are bees attracted to flowers? We explore this answer in our latest blog post!
Pollen and nectar, the fundamental nourishment for bees, and are found in flowers and plants.
The former mainly supplies proteins and plays a main role in feeding the larvae and nurse bees, the latter enriching the diet of these insects with sugars. However, it is a symbiotic relationship as he flowers need the bees to reproduce. In order to achieve pollination, the flowers implement a series of strategies to draw the bees to them. Some of these methods are very simple and well-known, others are instead the result of the work of seduction, to say the least. These extraordinary methods that have evolved over millions of years and are still surprising.
An “honest” conversation, with electric shocks
A curious technique used by flowers to attract pollinators is to send electrical signals to communicate the amount of pollen and nectar available. The study comes from the University of Bristol. Scientists explained that, through electric shocks, the flowers reveal to the bee the quantity of pollen and nectar present inside them; therefore, a sort of “honest” conversation would take place, in which the function of the pollinator would be compensated by a clear promise of “booty”. But how exactly does this seduction work? The flowers are able to change the electric charge up to 200 volts, which is still perceived by bees. The small and invisible “exchange” conveys valuable information to the pollinator, who is driven to rest on that flower rather than another. But fear not, the flowers are generous. As scholar Daniel Robert puts it, “the last thing they would like is to attract a bee and then fail to provide nectar”.
Some like it sweet: the flowers listen
In December 2018, the results of experiments to verify a very particular hypothesis were published. Lilach Hadany, a researcher at Tel Aviv University, wondered if plants, like animals, could hear noises. Looking at a plant of the Onagraceae family, the Oenothera drummondii, he discovered that the concentration of sugar present in the nectar of flowers gradually increased after the passage of bees. The increase was triggered by the perception of the vibrations produced by the wings of the bee, which the flower was able to grasp on precise frequencies. In fact, the flowers maintained the same amount of sugar in the nectar when stressed by similar vibrations produced by the wind. By subjecting the flowers to the recorded sounds of bees or similar frequencies, the concentration of sugars in the nectar increased by 20%.
Le api sono un microcosmo incredibile, retto da regole che hanno affascinato filosofi e politici di ogni tempo per la loro incredibile organizzazione collettiva. Le api vivono in colonie immense nelle quali ciascun individuo compie un ruolo preciso per la sopravvivenza del gruppo.
In questo post abbiamo voluto raccogliere alcuni numeri delle api, cifre e fatti che sicuramente ne aumenteranno fascino e meraviglia.
L’APE REGINA
L’ape regina incarna davvero lo spirito dell’alveare. È l’ape di maggiori dimensioni, vive più a lungo di qualunque altra e a lei è affidata la sopravvivenza della colonia. Un’ape regina può deporre fino a 2 mila uova al giorno, consumando pappa reale pari a 80 volte il suo peso!
Se la regina rappresenta l’identità dell’alveare, l’operaia ne è la colonna portante. Essa è un’ape versatile, instancabile, operosa. Svolge numerosi compiti a seconda dell’età: nutre la regina e le larve, bottina il polline, costruisce il favo, raccoglie il nettare e lo trasforma in miele, lo immagazzina nelle celle, lotta ferocemente per mantenere la sicurezza della colonia. È un’ape multitasking!
ALVEARE
L’alveare non è un luogo, ma un essere vivente. Viene infatti definito «superorganismo», una sorta di “mente collettiva” che è più della semplice somma delle sue parti. L’alveare garantisce funzioni che le singole api, anche nelle loro categorie, non sono in grado di svolgere. La sua organizzazione non dipende mai dai singoli, ma dall’insieme. Gli studiosi considerano l’alveare come un’entità dotata di un metabolismo, una fisiologia e anatomia particolari: proprio come fosse composto da organi, di cui il favo è il corpo fisico.
Bees create incredible microcosms. They build societies that are governed by rules of collective organization that have long fascinated philosophers and politicians. Bees live in immense colonies in which each individual bee plays a critical role for the colony’s overall survival; there is no room for selfish behaviour.
Today we are sharing some facts, figures, and numbers that are sure to increase your wonder of these incredible animals.
Il Natale è arrivato. I piatti tipici sono protagonisti della tavola, ma tutti sono alla ricerca di un particolare che trasformi la tradizione con un tocco di novità, impreziosendo l’esperienza dello stare a tavola.
Seguiteci, dagli antipasti al dolce abbiamo alcune gustose idee per i banchetti delle feste!
INIZIARE CON GUSTO
Non è Natale se non si comincia da un parterre di succulenti antipasti. Tra i moltissimi, spiccano l’insalata russa, il purè con lo zampone, le lenticchie (provate quelle IGP di Castelluccio, croccanti e saporite), i crostini con formaggi freschi, le insalate con aggiunta di agrumi o frutta fresca. Alcuni preferiscono il salmone spruzzato con un limone, o il classico cocktail di gamberi.
IL NOSTRO SUGGERIMENTO
Brezzo, nel corso degli anni, ha creato ricette esclusive per gli antipasti (pomodorini al forno, cipolline, peperoni con tonno, carciofini…). Il nostro suggerimento è però di accompagnare le ricette classiche con una degustazione di paté. Potete sbizzarrirvi creando un centrotavola di crostini accanto ai quali presentare i gusti più sfiziosi: Paté di anatra tartufato, Paté di olive verdi o nere, Paté di tonno, Paté di Tonno con arance o pistacchi (ricette perfette per stupire). Tutti i paté Brezzo sono appetitosi, stuzzicanti, ideali da spalmare sul pane o crostini. Sono preparati seguendo ricette innovative con materie prime accuratamente selezionate e di altissima qualità.
VINO IN ABBINAMENTO
Il vino perfetto per un aperitivo saporito è senza dubbio l’Arneis Docg, proposto dalla nostra Enoteca. Vitigno autoctono del Roero, l’Arneis accompagna qualsiasi aperitivo grazie alla sua fresca sapidità.
TRIONFO DI PRIMI
La tradizione di Natale propone primi di eccezionale bontà. La pasta all’uovo la fa da padrone, sia secca (tagliatelle e tagliolini sono presenti praticamente ovunque) che fresca: agnolotti, ravioli, lasagne. Al Nord qualcuno prepara gli gnocchi, mentre al Sud abbonda la pasta di grano duro in diversi formati.
IL NOSTRO SUGGERIMENTO
Il nostro consiglio è di scegliere un prodotto di qualità, come la Pasta all’uovo e di Grano Duro selezionata da Brezzo: farine di primissima scelta, lavorazioni artigianali, capacità di tenere la cottura in modo eccellente. Se la base di partenza è buona, completarla con un sugo è un gioco da ragazzi. A Natale scegliete un condimento prezioso: come la Fonduta con Tartufo, il Ragù di Cervo o di Cinghiale, la Salsa alle Noci, o il Sugo ai Funghi Porcini. Novità è il Pesto di Pistacchio, ottenuto con pistacchi italiani: trionfo di sapori che, con l’aggiunta di pomodorini o anche solo prezzemolo, trasforma qualsiasi pastasciutta in un primo raffinato.
SECONDI DI PASSIONE
La tavola di Natale abbonda di secondi di carne. Nel Nord è un tripudio di bolliti misti, arrosti con patate, brasati, cotechini con polenta, trippa con sugo e cappone, capretto al forno o capriolo. Più a Sud si prediligono verdure e pesce, baccalà lesso, anguilla fritta, fritture di pesce e sarde.
IL NOSTRO SUGGERIMENTO
Si arriva ai secondi con la fame che sembra ormai spenta. È allora necessario ravvivare l’appetito completando le carni o il pesce con le giuste salse, stuzzicanti, fresche e non pesanti. Brezzo ha studiato una gamma completa di salse che fanno al caso vostro: salsa al Pepe Verde, Senape e SalsaTartara per carni alla griglia o bollito. Salsa Aurora e Maionese, delicatissime e cremose, per accompagnare il pesce. Niente ci vieta di provare gusti più decisi: come la Salsa rossa piccante, la Salsa verde e la Cögnà (mostarda d’uva), ricette tipiche piemontesi che ormai sono dei must imprescindibili per accompagnare il bollito.
UN MOMENTO PRIMA DEI DOLCI
Natale è il regno dei dessert. Ma non è da sottovalutare il momento che li precede, quello in cui la bocca chiede di essere “viziata”: è la portata dei formaggi, che in quest’occasione va curata con attenzione. Senza esagerare con le quantità, ma accompagnando diversi tipi di formaggio con un abbinamento dolce, che possa richiamare il gran finale di panettoni e Moscato d’Asti.
IL NOSTRO SUGGERIMENTO
Per un tagliere di formaggi che lascia a bocca aperta (e poi chiusa) i vostri commensali, Brezzo propone le Confetture per formaggi e le Mostarde. Prodotti artigianali dai sapori inconfondibili, capaci di abbinarsi, con la loro dolcezza mai stucchevole, a prodotti freschi o stagionati. Provate la Mostarda di mandarancio con il Parmigiano, il Ragusano o un Pecorino stagionato; la Mostarda di Fichi con una toma fresca; la Confettura di Pomodori verdi e fichi è perfetta con gli erborinati; quella di Mele e noci con tutti i formaggi a pasta grassa; mentre la Confettura di Pere e Zenzero dà il suo meglio con il Raschera, il Bra Duro e il Castelmagno.
ANCORA UN VIZIO
Se preferite terminate il pranzo delle feste con la frutta, vi consigliamo le nostre Sciroppate. Frutta freschissima proveniente dalle soleggiate colline del Roero (Castagne, Albicocche, Pesche, Ciliegie, Pere…) o piccoli frutti colti alle pendici delle montagne piemontesi (mirtilli, frutti di bosco, lamponi…). Accuratamente selezionata, la frutta viene immersa in sciroppi dal gusto unico, come le Pere Madernassa al Nebbiolo; le Albicocche, le Pesche o le Prugneal Moscato; e le Albicocche al mirto. Piccole delizie per un gran fine pasto!
Se preferite terminare il pranzo delle feste con un prodotto corroborante e digestivo, provate le Grappolose, frutta immersa in liquore con grappa: un piacere dal carattere deciso, ma dalla gradazione alcolica contenuta, ideali per accompagnare con eleganza e gusto i dessert.
Senza di lei non esisterebbe l’alveare. Non ci sarebbero il miele, il polline e la pappa reale. In definitiva, non ci sarebbero le api, non nella forma in cui le conosciamo.
Lei è l’ape regina, fondamento di ogni famiglia, unica ape feconda, capace di deporre quantità impressionanti di uova per garantire la sopravvivenza della sua stirpe e, all’occorrenza, spostare le colonie verso una nuova casa.
Seguiteci e scoprite tutti i segreti della regina, l’ape più importante dell’alveare.
Come nasce una Regina?
La regina è l’ape più grande, la più longeva è l’unica feconda, capace cioè di generare una nuova colonia, o «famiglia». Queste differenze sono il frutto di un’alimentazione speciale. Dopo la deposizione dell’uovo, le operarie svezzano le larve reali per circa 15 giorni con la pappa reale, che sarà l’unico alimento della regina per tutta la vita. Dopo questo periodo la regina può uscire dalla sua cella, anch’essa speciale: non è infatti posta in orizzontale, ma in verticale e ha le fattezze di un’arachide.
La lotta per il trono
Una colonia può allevare fino a 30 «principesse», dette «regine vergini». Quando le api percepiscono che la reggente non è più in grado di svolgere il suo ruolo, devono assicurare la la sopravvivenza della colonia. Costruiscono allora le celle reali per far nascere una nuove regine. Quando le «regine vergini» si schiudono, ciascuna compete per il proprio regno fino a che ne rimane in vita una sola. A volte accade che una vergine, nata prima delle altre, uccida le “sorelle” mentre sono ancora nella loro cella. Se più vergini vengono alla luce contemporaneamente, tutte meno una abbandonano l’alveare seguite da un gruppo di “fedelissime” (sciamatura). Accade questo perché nell’alveare può rimanere una sola regina.
Il canto della regina
Nel momento in cui vengono alla luce (o addirittura mentre sono ancora nella loro cella reale), le «regine vergini» cominciano a emettere un particolare stridìo, simile al suono di una trombetta. È il «canto della regina» e si pensa abbia diversi scopi.
È un «peana di guerra» per mettere sull’attenti tutte le pretendenti al trono e cominciare la lotta per il sopravvento.
È un «orazione politica» per procacciarsi i consensi delle api della colonia, al fine di farsi eleggere nuova regina.
È una «serenata» per i fuchi – ovvero i maschi delle api – per farsi seguire, fecondare e dare origine ad una nuova famiglia.
È un segnaledipartenza, che la regina vergine in procinto di sciamare emette per ritardare la nascita di altre vergini (in questo caso le operaie inibiscono le altre vergini nelle loro celle, aggiungendo strati di cera per impedirne la fuoriuscita)
Potere al popolo
Per quanto l’ape regina sia in grado di influenzare il comportamento delle sue operaie grazie alla produzione di feromoni, l’alveare è un super-organismo, ovvero una forma di collettività in cui le decisioni sono prese attraverso una specie di maggioranza “senziente”. Quando questa maggioranza percepisce la fine di una regina, fa di tutto per agevolare un cambio al vertice deponendo uova nelle celle reali. Caso limite è la sciamatura in cui le operaie agiscono “democraticamente”: si crede infatti che singolarmente o a piccoli gruppi possano decidere di seguire la vecchia regina pronta al distacco, o restare con la nuova che garantirà la sopravvivenza della famiglia.
Nutrice e assassina
Al contrario di quello delle operaie, dentellato e irregolare, il pungiglione della regina è liscio. Il suo scopo è duplice: quando è gravida, la regina lo utilizza per deporre le uova, come fosse una pipetta; in caso di combattimento, invece, il pungiglione diventa un affilato stiletto, pronto a trafiggere le rivali.
Il volo nuziale
Una regina può deporre fino a 2 mila uova al giorno, 250 mila l’anno per un massimo di 5 anni di vita. Per poterle fecondare accumula il seme dei fuchi all’interno del suo addome, rilasciandolo gradualmente. L’accoppiamento non può certo essere quotidiano, ma avviene una sola volta, nel periodo del volo nuziale. La regina vergine si solleva in aria seguita dalla «cometa di fuchi», un nugolo composto da un centinaio di maschi. L’accoppiamento multiplo fornirà alla regina il materiale genetico per gli anni a venire fino a che, esauritosi, darà vita a uova non fecondate, che produrranno solo api maschio. È la cosiddetta «regina fucaiola» che, se individuata dalle operaie, verrà prontamente sostituita.
Nutrita e riverita
L’unico scopo della regina è continuare la specie. Non deve preoccuparsi di nulla: viene seguita da uno sciame di ancelle che la puliscono, la nutrono e la difendono, assistendola in ogni esigenza. Ma la regina è gelosissima del suo ruolo: mentre le api operaie la riveriscono, lei rilascia il feromone reale, un potente inibitore degli organi sessuali che ha la funzione di renderle sterili.
[:en]
Without the Queen Bee, a hive would not exist. There would be no honey, pollen or royal jelly. There wouldn’t even be bees, at least not as we know them.
She reigns supreme, the foundation of the hive and the head of the family, the true queen bee. She lays large quantities of eggs to ensure the hive’s continued survival and will force the colony to migrate if necessary. The hive revolves around her.
We have seven secrets of the queen bee, the most important bee in any hive.
How is the Queen born?
The queen is the largest bee in the hive, the one who lives the longest and is the sole reproducer in a hive, all thanks to a special diet. After the queen lays her eggs, of which some will be unfertilized and become male drones and others will be fertilized and either become workers or virgin queens dependent on diet, the worker bees feed all the royal larvae a diet of only royal jelly for 15 days. Royal jelly is the only thing a Queen Bee eats throughout her life. After this period, the queen emerges from her cell, which is itself unique to the regular hexagonal shape. It lays horizontally in the shape of a peanut.
The struggle for the throne
A hive can breed up to 30 ‘princess’ bees, which are truly called virgin queens in order to ensure their survival. In fact, when worker bees sense that their current queen can no longer lay eggs, they will begin building up royal cells and feeding more fertilized larvae to ensure the birth of a new queen. When more than one virgin queen is hatched, they will fight to the death. The winning virgin queen will ensure her dominance by destroying any other royal cells that may still be unhatched. If a hive becomes too large, the old queen will leave with a ‘swarm’ of faithful workers and half the hives reserves to create a new colony.
The queen’s song
When the virgin queens emerge from their cells (and even sometimes when they are near emerging), they begin emitting a high-pitched buzzing called piping that sounds similar to a trumpet. It is the “queen’s song” and is thought to have a few different purposes:
A “warcall” that signals their location so that all ‘pretenders to the throne’ may come and fight the queen,
A “politicalcampaign” to obtain the consensus of the worker bees to be regarded as their new queen,
A “serenade” to the drone male bees so that they will find the queen for her nuptial flight,
A “warning” that the virgin queen will leave on her nuptial flight and that the workers must prevent the emergence of other virgin queens by adding more layers of wax on top of their cells.
Power to the people
Although the queen is able to influence the behaviour of all the bees in the hive thanks through her pheromones, the hive functions as a type of ‘super-organism’ that thinks collectively. It is called eusocial and means that the bees make decisions for the collective of the hive through a kind of ‘sentient’ majority. When this majority senses the near-end of an old queen, they will do everything in their power to ensure their survival by feeding more larvae with royal jelly to create virgin queens. The only limitation on this group think is in the case of swarming. Worker bees will act ‘democratically’ and choose either individually or in small groups to leave with the old queen or remain with the new one to ensure the continued survival of the hive.
Nurse and assassin
Contrary to the workers, which have notched and irregular stings, the queen’s is smooth. This is for two reasons: when she is pregnant it functions as a pipette to lay eggs and when she is in combat, the sting is like a sharp knife, ready to pierce rivals.
The nuptial flight
A queen bee is capable of laying up to 2000 eggs a day, 250 000 per year, for a maximum of 5 years. To do this, she accumulates the semen from mating drones in her belly, only releasing it by choice when laying eggs. Mating does not occur daily. In fact, it only happens once in what is called the nuptial flight. When a virgin queen emerges, she will leave the hive followed by a swarm of drones (male bees) who will compete to mate with her in flight. She will mate with multiple drones, collecting enough genetic diversity from their semen to lay eggs throughout her lifetime. The queen can sense when worker or drone bees need to be laid and selectively chooses to fertilize (worker larvae) eggs or leave them unfertilized (drone larvae) when laying. The queen is the only bee that can truly reproduce in a hive. Rarely there are laying worker bees, that only produce drones, and if detected are promptly replaced in the hive.
Nourished and revered
The queen has a singlepurpose: to reproduce. She doesn’t even need to think about the basic necessities of survival. A small swarm of maiden bees follows her constantly, cleaning her and feeding her, nurturing her and defending her to the death. However, the queen is a jealous queen. She releases a royal pheromone that is a powerful inhibitor of the sexual organs in the worker bees in order to ensure their sterility.
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