Come si fa il miele?

Come si fa il miele?

Il miele è una delle esperienze gustative più autentiche che vi possano capitare: la natura ce lo regala così come verrà gustato. In questo post vi spieghiamo come Brezzo porta il miele dalle arnie alla tavola rispettando la sua “perfezione naturale”

Il miele è un alimento che nasce perfetto. Lungo tutto il suo ciclo produttivo, subisce poche o nulle manipolazioni, sia nella fase di produzione, affidata alle api, sia in quella di raccolta, filtrazione e invasettamento. Perché si possa gustare così «naturale», il miele richiede un profondo rispetto verso le sue produttrici, le api, e verso la materia prima, che deve essere accompagnata al consumo attraverso lavorazioni delicate e attente a non alterarne le caratteristiche organolettiche e il rapporto con il territorio, di cui si fa espressione.

IL FRUTTO DI UN DIFFICILE EQUILIBRIO La produzione di miele richiede la combinazione ideale di più fattori. Il clima, le api e i fiori devono interagire perfettamente tra di loro affinché sia possibile una buona raccolta. Non è infatti sufficiente che ci siano i fiori perché le api possano produrre miele, ma servono anche le giuste condizioni di temperatura e umidità che permettano ai fiori di rilasciare il loro nettare. E’ un equilibrio sottile e difficile da ottenere, soprattutto in questi ultimi anni dove purtroppo sono in corso evidenti cambiamenti climatici.

Come produciamo il nostro miele? Ve lo raccontiamo in pochi, semplici passaggi.

IL NETTARE DELLA NATURA

Il miele non esiste in natura, è il prodotto del faticoso lavoro delle api, il loro capolavoro. La sua materia prima è duplice:

  1. Il nettare – non il polline – dei fiori. Le api bottinatrici (ovvero le raccoglitrici) suggono la sostanza viscosa e zuccherina prodotta dagli organi ghiandolari dei fiori, e la trattengono all’interno del loro corpo.
  2. La melata. Sostanza zuccherinaprodotta dal metabolismo di afidi e altri piccoli insetti che si nutrono della linfa delle piante. Le api raccolgono la melata da rami e foglie dove viene depositata, in ambienti in cui è scarsa la produzione di nettare, come i boschi. La melata, sebbene diversa dal miele di nettare, è da considerarsi un miele a tutti gli effetti.
Le api bottinatrici di un’arnia possono trasportare fino a 5 kg di nettare al giorno, visitando oltre 200 mila fiori. Ogni ape può percorrere anche 40 km in un aggio di 3 km: per riempire la sua sacca melaria visita oltre 150 fiori

CI VUOLE STOMACO

Una volta raccolto il nettare o la melata, la prima trasformazione avviene all’interno dell’ape, nella sacca melaria, posta nell’addome. Il nettare si è mischiato alla saliva della bottinatrice arricchendosi di enzimi che hanno la proprietà di scindere il saccarosio in glucosio e fruttosio: il miele comincia a formarsi nello stomaco delle api! 

IL MIELE VENTILATO

Le bottinatrici depongono il nettare nelle famose celle esagonali dell’alveare, costruite in cera, che fungono da dispensa e vengono chiamate favi. Qui avviene un’operazione assai curiosa. Api ventilatrici sbattono le ali per asciugare e far maturare il miele, sottraendo acqua e permettendogli una conservazione prolungata. Ci vuole circa un mese perché il miele raggiunga il giusto grado di maturazione. A questo punto, le api operaie lo sigillano con un sottile strato di cera.

Il miele non ha bisogno di conservanti perché le api lo hanno già pensato come scorta di cibo a lunghissima conservazione! 

UN FURTO GENTILE

Compito dell’apicoltore è quello di perpetrare un … furto. Ma con delicatezza e attenzione. Al termine della fioritura va ad estrarre il miele, ma non lo prende tutto. “Ruba” soltanto la parte in eccedenza, quella contenuta nel melario (la parte superiore dell’alveare). Le scorte, contenute nel nido, non vengono mai intaccate perché servono alle api per il loro nutrimento. Con un apposito strumento il miele viene disopercolato, si toglie cioè il sottile strato di cera che sigilla le celle. Il miele è pronto a fluire.

GIRA LA SMIELATURA

A questo punto i favi disopercolati vengono posti in cilindri rotanti che, grazie alla sola forza centrifuga, estraggono il miele.

DECANTAZIONE, AL CONTRARIO

Il miele non ha bisogno di alcun intervento chimico o di tipo termico. Viene filtrato e convogliato in contenitori di acciaio dove riposa e si purifica tramite decantazione per affioramento. In superfice emergono le bolle d’aria createsi durante la smielatura e salgono tutte le impurità. Il miele, più pesante, si deposita sul fondo.

INVASETTAMENTO

Il miele ormai maturo e libero da tutte le impurità può essere avviato all’invasettamento. In tutto il processo la materia prima non viene mai alterata chimicamente, né termicamente, ma procede dall’arnia al contenitore finale attraverso soli processi meccanici e di filtrazione.

Per evitare di pompare il miele, i nostri decantatori sono posti al piano inferiore rispetto agli smielatori: un passaggio che evita manipolazioni e alterazioni, mantenendo una maggiore purezza

NIENTE INSEMINAZIONI NÉ PASTORIZZAZIONI

Non operiamo nessuna inseminazione del miele, ovvero non misceliamo miele di diversa natura per ottenere cristallizzazioni più uniformi. Questo snaturerebbe la genuinità del prodotto, slegandolo dalla sua componente territoriale. Il miele di Brezzo non subisce pastorizzazione. Non viene sottoposto cioè a temperature elevate al fine di renderlo più liquido al momento dell’invasettamento.

La pastorizzazione del miele facilita la lavorazione e rende il miele liquido, esteticamente fluido. Ma altera la sua genuinità: fa sì che la parte viva del miele (gli enzimi titolari degli effetti benefici del miele stesso) vengano distrutti.

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Honey is one of the most authentic taste experiences that exists: nature in its pure form, exactly how it should be savored. Here, we’ll explain how Brezzo brings honey to your table, respecting its natural perfection.

Honey is born perfect. During its production cycle, it undergoes very few manipulations (or none at all), from production by bees to harvest, filtering, and packaging. Honey deserves a deep respect in terms of its producers, the bees, and towards the product itself, which should be gathered and consumed with attention and care so as not to alter its natural characteristics and rapport with the territory that it expresses.

FRUIT OF A DIFFICULT BALANCE The production of honey requires the ideal combination of numerous factors. The climate, bees, and flowers must interact perfectly for a good harvest. It’s not sufficient that there are just flowers for bees to make honey, but there must also be the right temperature and humidity conditions that allow the flowers to produce nectar. The balance is delicate and difficult to obtain, especially in these past few years in which, unfortunately, climate change is disrupting the balance.

How do we produce our honey? We’ll tell you in a few simple steps.

NATURE’S NECTAR

Honey is the masterpiece of bees, and it has two primary ingredients:

  1. The nectar – not the pollen – of flowers. The forager bees ingest this viscous, sugary substance from the flower’s glandular organs.
  2. The honeydew. This sugary secretion is produced by small insects that feed on plant sap. Bees collect the honeydew from stems and leaves where it has been deposited in areas where nectar is scarce, like in forests.
Forager bees can transport up to 5 kg of nectar in one day, visiting over 200,000 flowers. Each bee can also travel 40 km in a 3 km range, visiting over 150 flowers to fill its pollen basket, or corbicula.

FROM THE FLOWER TO THE STOMACH

Once the nectar or honeydew is collected, the first transformation of the material happens within the bee in its stomach. The nectar mixes with the bee’s saliva, which enriches it with enzymes that turn sucrose into glucose and fructose. Honey begins its transformation in the stomach of bees!

DRYING THE HONEY

The foragers deposit the nectar in the hexagonal wax cells of their hive, which serve as storage areas and together form the honeycomb. Here, a very interesting process takes place. The bees flap their wings to dry out the honey, evaporating water and allowing for longer conservation. This process takes about a month until the honey reaches the right degree of water content. At this point, the worker bees seal it in the wax cells, called “capping.”

Honey doesn’t need conservatives because the bees already treat it as a long-term food supply!

A CAREFUL BURGLARY

The apiculturist’s work is to pull off, essentially, a burglary. But this is done with gentleness and great care, and not all the honey is extracted. Only the excess honey is “stolen,” that which is contained in the supers (the upper section of the hive). The stored honey in the hive is never touched, because it provides nutrients and replenishment for the bees. Using a special tool, the cells are uncapped and the honey can be extracted.

ROUND AND ROUND

At this point, the extracted hive is put in a rotating cylinder that extracts the honey via centrifuge.

THE OPPOSITE OF DECANTING

Honey has no need of chemicals or temperature interventions. It is filtered and gathered in stainless steel containers where it rests and purifies via a type of decantation. Air bubbles that were created during the centrifuge rise to the surface, with all impurities. The pure honey is heavier, and so remains on the bottom.

JARRING

The honey, free of impurities, can now be jarred. During the entire production process, the honey is never altered chemically or thermally, but goes from the hive to the jar using only mechanical means.

To avoid pumping the honey, our decanters are located one level lower than the extractors, avoiding manipulations and alterations to maintain purity.

NO ADDITIONS OR PASTEURIZATION

We add no additional honey to the original, which some do to obtain uniform crystallization. This would spoil the genuineness of the product and disconnect it from its territory. Brezzo honey is also not pasteurized. It is never subjected to high temperatures to liquify it to help with jarring.

Pasteurization makes the honey more fluid and thus easier to jar, but it alters its authenticity, destroying the living components of the honey (the enzymes, which carry beneficial properties).
Tutti i numeri delle api e dell’alveare

Tutti i numeri delle api e dell’alveare

Le api sono un microcosmo incredibile, retto da regole che hanno affascinato filosofi e politici di ogni tempo per la loro incredibile organizzazione collettiva. Le api vivono in colonie immense nelle quali ciascun individuo compie un ruolo preciso per la sopravvivenza del gruppo.

In questo post abbiamo voluto raccogliere alcuni numeri delle api, cifre e fatti che sicuramente ne aumenteranno fascino e meraviglia.

L’APE REGINA

L’ape regina incarna davvero lo spirito dell’alveare. È l’ape di maggiori dimensioni, vive più a lungo di qualunque altra e a lei è affidata la sopravvivenza della colonia. Un’ape regina può deporre fino a 2 mila uova al giorno, consumando pappa reale pari a 80 volte il suo peso!
Scopri le curiosità su questa straordinario insetto nel nostro post: Tutti i segreti dell’Ape Regina!

Numeri delle api

APE OPERAIA

Se la regina rappresenta l’identità dell’alveare, l’operaia ne è la colonna portante. Essa è un’ape versatile, instancabile, operosa. Svolge numerosi compiti a seconda dell’età: nutre la regina e le larve, bottina il polline, costruisce il favo, raccoglie il nettare e lo trasforma in miele, lo immagazzina nelle celle, lotta ferocemente per mantenere la sicurezza della colonia. È un’ape multitasking!

Numeri delle api

ALVEARE

L’alveare non è un luogo, ma un essere vivente. Viene infatti definito «superorganismo», una sorta di “mente collettiva” che è più della semplice somma delle sue parti. L’alveare garantisce funzioni che le singole api, anche nelle loro categorie, non sono in grado di svolgere. La sua organizzazione non dipende mai dai singoli, ma dall’insieme. Gli studiosi considerano l’alveare come un’entità dotata di un metabolismo, una fisiologia e anatomia particolari: proprio come fosse composto da organi, di cui il favo è il corpo fisico.
Come è fatta un’arnia che ospita l’alveare? Scoprilo nel nostro post!

Numeri delle api[:en]

Bees create incredible microcosms. They build societies that are governed by rules of collective organization that have long fascinated philosophers and politicians. Bees live in immense colonies in which each individual bee plays a critical role for the colony’s overall survival; there is no room for selfish behaviour.

Today we are sharing some facts, figures, and numbers that are sure to increase your wonder of these incredible animals.

Numeri delle api

Tre consigli per un’estate in compagnia delle api

Tre consigli per un’estate in compagnia delle api

Le vacanze sono alle porte e con esse la possibilità di dedicarsi alle proprie passioni. Da amanti del miele quali siamo, abbiamo raccolto in questo post qualche consiglio per approfondire la propria conoscenza delle api, una passione che che la famiglia Brezzo si tramanda da tre generazioni.

Potevamo consigliarvi manuali e saggi, libri tecnici o articoli di settore. Abbiamo optato invece per alcuni suggerimenti di visione e di lettura molto godibili e “leggeri”. Si tratta di un documentario, di un film e di un libro che ci hanno davvero colpiti perché, raccontando di api e di apicoltori, in realtà narrano una parte importante della nostra vita: il rapporto che abbiamo con l’ambiente e il suo fragile equilibrio, all’interno del quale le api giocano un ruolo tutt’altro che secondario. 

1. UN DOCUMENTARIO

MORE THAN HONEY

Il più straordinario documentario sulle api mai prodotto (almeno finora) è il capolavoro di Markus Imhoof, More Than Honey. Il film, uscito nel 2013, ha richiesto 5 anni di riprese e migliaia di km percorsi dal regista, che ha condotto la sua ricerca sui 4 continenti.

Il risultato è spettacolare: per immagini, intensità del racconto, incredibili macro sul mondo segreto delle api, storie, personaggi. More then Honey racconta il rapporto secolare tra l’uomo e le api, la loro funzione cruciale per la natura e la più che mai attuale sindrome da spopolamento (un fenomeno ancora poco conosciuto per il quale le colonie di api periscono bruscamente) che si è diffusa in modo preoccupante negli ultimi anni. Il documentario di Imhoof, attraverso testimonianze dirette e specializzate, richiama la nostra attenzione sull’importanza delle api, dimostrando che Einstein aveva forse esagerato con la sua celebre sentenza sulle api («quando le api scompariranno dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita»), eppure non era andato così lontano visto che: «senza api, un terzo di tutto ciò che mangiamo probabilmente non ci sarebbe».

L’opera di Imhoof merita una visione anche solo per la tecnica di ripresa: micro-videocamere piazzate sulla schiena degli insetti ci svelano l’interno degli alveari, si addentrano tra stigmi e ovuli dei fiori, seguendo gli sciami in volo. Ape regina, api operaie e fuchi sembrano formare un unico organismo prodigioso, quello che permette ai fiori e alle piante di generare la vita vegetale sul pianeta.

2. UN FILM

LE MERAVIGLIE

Sotto la sapiente regia di Alice Rohrwacher, questa favola contemporanea è un film che tutti gli amanti delle api dovrebbero guardare con attenzione. La regista di Corpo celeste e del recente Lazzaro Felice racconta la delicata e semplice vicenda di una famiglia di apicoltori che hanno scelto produrre miele tra difficoltà economiche e famigliari, guidati da una sincera dedizione alla natura e al paesaggio rurale.

L’arrivo della televisione e della retorica del «tipico» e dell’«autentico» metterà in crisi i protagonisti e farà esplodere non solo le tensioni già presenti all’interno del nucleo familiare, ma le stesse che intercorrono tra i concetti di campagna e città, di rurale e urbano, di innovazione e tradizione.

«L’apicoltura è un’attività che è tutt’uno con il vivere», ha detto la regista del suo film. «Mi interessava mostrare come la vita e il lavoro in campagna siano profondamente collegati. L’ho voluto raccontare perché lo spettatore si ponga delle domande sul come si vive in altre parti della società, separando questi due aspetti: il mestiere e il tempo libero».

Un film toccante, in cui le api e il loro rapporto con i protagonisti diventano il simbolo di un legame, quello con la natura, che troppo spesso banalizziamo o diamo per scontato.

3. UN LIBRO

STORIA DELLE API (edizioni Marsilio)

«L’umanità può imparare dalle api», ha detto Maja Lunde, autrice di Storia delle api, testo definito come il più completo – e interessante – libro mai scritto sui più laboriosi insetti del mondo. «Mentre lavoriamo per una vita migliore per noi stessi e per i nostri figli, le api lavorano per l’alveare, cioè per tutti», continua l’autrice, «il pianeta è il nostro alveare, ogni cosa è collegata all’altra».

Conosciuta per i suoi libri rivolti ai ragazzi, La storia delle api è il suo primo libro per adulti della Lunde. E che libro! Un esordio poderoso, epico, che ha suscitato un vero e proprio “vespaio” alla sua uscita, nel 2015. Non si tratta infatti di una narrazione di armonie bucoliche, piuttosto la visione ispirata e dolente di un mondo attraversato da forme di vita che si intrecciano le une alle altre. E che, attraverso le api, interpellano la natura umana e il suo rapporto con il creato.

Il libro non è un trattato, ma un vero e proprio romanzo, dalla trama accattivante, capace di mescolare le storie di tre protagonisti su di un arco temporale di 300 anni, tutti connessi attraverso il mondo delle api e della loro – possibile – scomparsa. La lettura procede spedita tra le vite di William, biologo inglese di metà Ottocento; George, apicoltore contemporaneo che lotta contro la moria delle api; e Tao, ragazzo cinese del 2098, la cui attività principale è l’impollinazione manuale, dal momento che le api hanno cessato di esistere.

Leggere La storia delle api è un po’ come leggere la nostra storia, mettendo in discussione le scelte che stiamo intraprendendo, interrogandoci sulle cose che davvero vogliamo salvare per il futuro di chi verrà.

Tre mieli rari per iniziare il nuovo anno

Tre mieli rari per iniziare il nuovo anno

Brezzo produce moltissime varietà di mieli italiani, ma seleziona anche alcune chicche provenienti dall’estero: mieli rari, dalle proprietà uniche. Se è vero che ogni inizio d’anno porta con sé novità e scoperte, aprite le porte della vostra dispensa a questi prodotti davvero particolari e sperimenterete nuovi modi di declinare la dolcezza!

MIELE DI ULMO

Il miele di Ulmo è prodotto dai fiori dell’albero dell’Eucryphia Cordifolia – volgarmente chiamato Ulmo – originario del Cile. Si tratta di un grande arbusto sempreverde che può crescere fino ai 30 metri di altezza. Fa parte delle foreste pluviali temperate che crescono a Valdivia nella Regione dei Laghi. Da gennaio a marzo l’Ulmo produce grandi fiori bianchi simili alla camelia. Durante la fioritura, nelle aree dove è diffuso, le pendici delle montagne si ricoprono di un manto di meravigliosi fiori bianchi che ricorda la neve.

Un gusto unico

Quello di Ulmo è un miele dalla cristallizzazione sottile ed omogenea, caratterizzato da una consistenza molto cremosa. Di colore ambrato, all’olfatto offre sentori fruttati e di erbe officinali. L’aspetto aromatico rispecchia il profumo, ricordando delicati sentori vegetale di frutta matura, con note di anice, gelsomino, vaniglia, chiodi di garofano e caramello.

Un antibatterico naturale

Come il miele di Manuka, anche quello di Ulmo è dotato di proprietà antibatteriche.  Studi condotti presso l’Università Pontificia di Santiago del Cile hanno dimostrato che il miele di Ulmo aiuta a combattere batteri insidiosi come lo Stafilococco e l’Escherichia Coli, che a volte sono resistenti agli antibiotici. In vitro si è osservato che il miele di Ulmo è in grado di inibire la crescita di alcuni batteri patogeni e possiede un’aziona fungicida e fungostatica.

Anche per questo miele la dose consigliata di assunzione è un cucchiaino o due al giorno, preferibilmente al mattino.

MIELE DI CAFFÈ DEL BRASILE

Il miele di Caffè è piuttosto raro e ricercato. Proviene dal Brasile (ma si torva anche in Colombia), dove le arnie vengono posizionate vicino alle piantagioni di caffè e si nutrono esclusivamente del nettare e del polline di queste piante. Di colore tendente all’ambrato, una volta cristallizzato assume una sfumatura più chiara e una consistenza cremosa. Il sapore è davvero particolare ed è la nota che lo distingue da tutte le altre varietà. Il miele di caffè contiene infatti piccole quantità di caffeina ed altre sostanze. Alla nota dolce e tipica del miele, aggiunge un retrogusto di caffè e orzo, delicato e persistente. Una vera chicca per appassionati.

Le api fanno bene al caffè (e a chi lo coltiva).

Uno studio dell’Istituto Smithsonian per le ricerche tropicali ha dimostrato che la presenza di arnie vicino alle piantagioni di caffè contribuisce ad un aumento di produzione. Quando sono presenti gli insetti impollinatori, il peso delle bacche di caffè aumenta del 7%, un valore che arriva fino al 25% se a impollinare le piante sono le api. Il miele di caffè, infine, se adeguatamente diffuso, potrebbe diventare un’ottima integrazione di reddito per le cooperative di raccoglitori, contribuendo, nel contempo, a salvaguardare la biodiversità.

MIELE DI LAVANDA

Concludiamo questa carrellata di mieli rari e internazionali con il miele di Lavanda. Raccolto tra giugno e luglio, è senza dubbio uno dei mieli più pregiati che si possono trovare sul mercato. Il colore è giallo chiaro e la cristallizzazione è molto rapida e a cristalli fini, molto piacevoli al palato in quanto di consistenza soffice e cremosa. 

Un sapore delicato

La nota caratteristica di questo miele è data dal profumo, che ricorda il fiore della lavanda e dal sapore delicatissimo e cremoso. Un miele che – visto lo spiccato profilo aromatico – si abbina a formaggi di media stagionatura: il Montasio, i caprini, ma anche il pecorino sardo e siciliano. E’ anche ottimo spalmato sul pane o su una fetta biscottata per una colazione carica di gusto e profumo. 

Scopri tutti i mieli Brezzo sul nostro sito!

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Brezzo produces many varieties of Italian honey, but also selects a number of gems from other countries – rare honeys with unique properties.  If it’s true that the start of every new year brings changes and discoveries, make room in your pantry for these truly special new products and enjoy new ways of expressing sweetness!

ULMO HONEY

Ulmo honey derives from the flowers of the Eucryphia Cordifolia tree – commonly called Ulmo – native to Chile.  It is a large evergreen tree that can reach 30 metres in height. It grows in the Valdivian temperate rain forests around the Chilean Lake District. From January to March, the Ulmo produces large white flowers similar to camellias. During blossom time, in areas where it is widespread, the slopes of the mountains are covered with a mantle of beautiful white flowers that looks like snow.

A unique flavour

Ulmo honey is characterized by fine crystallization and a very creamy consistency. Amber in colour and fragrant with hints of fruit and medicinal herbs, the aromatic profile mirrors the fragrance, recalling delicate hints of ripe fruit and aniseed, jasmine, vanilla, clove and caramel notes.

Naturally antibacterial

Like Manuka honey, Ulmo honey also has antibacterial properties. Studies carried out at the Pontifical University of Chile in Santiago have shown that Ulmo honey helps fight insidious bacteria such as Staphylococcus and Escherichia Coli, which are sometimes resistant to antibiotics. In vitro studies have shown that Ulmo honey is able to inhibit the growth of some pathogenic bacteria, and to have a fungicidal and fungostatic action.

The recommended dose of this honey is also a teaspoon or two a day, preferably in the morning.

BRAZILIAN COFFEE HONEY

Coffee honey is somewhat rare and sought-after. It comes from Brazil (but is also found in Columbia), where hives are situated close to coffee plantations, and the bees feed only on the nectar and pollen of these plants. Originally tending towards amber, it takes on a lighter colour and a creamy consistency once crystallized.

The flavour is truly unique since Coffee honey contains small quantities of caffeine and other substances, and is the factor that distinguishes it from all the other varieties.   To the typically sweet note of honey, it adds a delicate and persistent aftertaste of coffee and barley. A real treat for aficionados.

Bees are good for coffee (and for those who grow it).

A study by the Smithsonian Institute for Tropical Research has shown that locating beehives near coffee plantations contributes to an increase in production. When insect pollinators are present, the weight of coffee beans increase by 7%, which can reach as much as 25% if the pollinators are bees. Finally, if adequately popularized, coffee honey could become an excellent additional income for coffee-picker cooperatives, and at the same time contribute to preserving biodiversity.

LAVENDER HONEY

We end this medley of rare, international honeys with Lavender honey. Gathered in Provence between June and July, it is without doubt one of the most sought-after honeys to be found on the market. Pale yellow in colour, crystallization is rapid with fine crystals, and the soft, creamy consistency is very agreeable to the palate.

A delicate flavour

This honey’s characteristic note comes from the fragrance, which recalls lavender flowers, and the delicate, creamy flavour. Given its distinctive aromatic profile, this honey pairs well with medium-mature cheeses – Montasio, Caprino, but also Sardinian and Sicilian Pecorino. It is also excellent spread on bread or a crispbread for a tasty, fragrant breakfast. 

Discover all Brezzo honeys on our website!

Le api che inventarono le mummie: quattro curiosità sugli insetti più laboriosi del mondo

Conosciamo davvero il mondo delle api? Sapevate che la nostra relazione con questi laboriosi insetti risale a più di 9 mila anni fa? Che attraverso le api l’uomo ha imparato la tecnica della mummificazione? E cosa fanno le api d’inverno? Dedichiamo questo post a svelare alcune curiosità sulle api e a sfatare alcuni miti.

UN’ALLENAZA PREISTORICA

Tra le cooperazioni “socio-economiche” che si sono spontaneamente formate tra differenti specie animali, una delle più longeve è sicuramente quella instaurata tra uomini e api: la prima immagine iconografica che ne testimonia l’alleanza, cioè la raffigurazione di un alveare e di un cacciatore di miele – venne ritrovata nel 1921 sulla parete di Cueva della Araña – una grotta spagnola sita nella provincia di Valencia – e risale a circa 9000 anni fa. L’apicoltura vera e propria cominciò poco dopo, quando a seguito della rivoluzione del Neolitico l’essere umano passò dal nomadismo alla sedentarietà ed iniziò ad allevare le api dentro dei contenitori.

CHI HA DETTO CHE SENZA API LA VITA SULLA TERRA SI ESTINGUEREBBE?

«Se l’ape scomparisse dalla faccia della Terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita!»: questo celebre monito, attribuito nientedimeno che ad Albert Einstein, comparve per la prima volta in un volantino che l’Unione Nazionale Apicoltori Francesi distribuì a Bruxelles durante una protesta, avvenuta nel 1994, contro la concorrenza – giudicata sleale – che il miele d’importazione faceva a quello transalpino. Tuttavia, non esistono fonti che confermino la paternità dell’aforisma al celebre scienziato: alcuni sostengono che la frase venne coniata da un entomologo americano che tuttavia la presentò come frutto dell’ingegno dello scopritore della relatività per darle più celebrità, altri invece affermano che fu suggerita dall’UNAF. Chiunque sia l’autore, il ruolo delle api nella salvaguardia della biodiversità è acclarato, l’impollinazione è uno dei fattori più importanti per lo sviluppo delle piante e sebbene non solo le api contribuiscano a questa funzione, di sicuro svolgono un ruolo fondamentale.

TUTANKHAMON E LE API

A proposito della sinergia tra esseri umani e api, è interessante notare come quest’ultime abbiano insegnato all’uomo la tecnica della mummificazione. Quando un animale che le api percepiscono come di grossa taglia (ad esempio lucertole, coleotteri e topi) invade l’alveare, esso viene ucciso a colpi di pungiglione: le api però non sono in grado di trasportarne la carcassa, per loro troppo pesante, fuori dal loro habitat e per evitare i possibili pericoli causati dalla decomposizione lo ricoprono di propoli; essendo un potente antibiotico, tale sostanza preserva l’ospite indesiderato trasformandolo in una mummia. Intorno al 4000 a.C. gli antichi Egizi si accorsero di questo fenomeno e ne fecero uso in campo medico: i sacerdoti lo usarono per mummificare le spoglie dei faraoni (la propoli infatti viene rilevata in tutte le mummie dell’antico Egitto, compresa quella di Tutankhamon che è giunta ai giorni nostri praticamente intatta), mentre i medici la impiegarono per trattare le infezioni della pelle, dell’apparato respiratorio e come cicatrizzante e disinfettante delle ferite.

LE API INVERNALI

L’arrivo dell’inverno, con i suoi freddi e il progressivo accorciamento delle ore di luce, viene percepito nitidamente anche dalle api, che in questa stagione entrano in una fase di riposo, quasi un letargo, che lo porta anche a raggrupparsi all’interno del nido, nella zona più riparata e calda e in diretta corrispondenza delle provviste – miele e polline – per formare il cosiddetto “glomere”; questa azione dura fino a quando la temperatura interna raggiunge i 20-22°C. Non tutti sanno però che le api che nascono in inverno, destinate a superare tale periodo rigido per far sopravvivere la famiglia, sono molto più longeve delle api che vengono al mondo in estate: mentre per le secondo la speranza di vita si aggira intorno alle tre settimane, le prime possono arrivare anche a raggiungere i tre mesi di esistenza. Ciò dipende da alcune differenze fisiologiche che maturano inevitabilmente quando la stagione calda volge al termine: fin dalla nascita, le api “invernali” vengono allevate con una quantità di polline superiore a quella prevista per le loro sorelle che hanno avuto i natali nel periodo primaverile o estivo. In conseguenza di ciò, avvicinandosi all’inverno, la maggior parte delle operaie vede svilupparsi le ghiandole ipofaringee e altri “corpi adiposi” che contengono, oltre al grasso, anche proteine: tali sostanze andranno a costituire delle vere riserve nutritive e si riveleranno decisive nell’assicurare alle api una maggiore longevità. Infine, tramite il meccanismo della trofallassi le api riescono, attraverso le loro linguette dette ligule, a scambiarsi il miele che servirà loro come carburante per far vibrare i muscoli pettorali (un procedimento analogo a quello utilizzato dalle colonie di pinguini, che devono sopravvivere anche a 50° sotto zero): questo è uno dei più brillanti esempi esistenti in natura di come un essere vivente, seppur in condizioni assolutamente proibitive, possa resistere tramite una proficua collaborazione con i suoi simili e l’intero ecosistema.[:en]Do we really know much about the world of bees? Did you know that our relationship with these industrious insects dates back more than 9 thousand years? That Man learned the technique of mummification from bees? And what do bees do in winter? This post is devoted to revealing a number of fascinating facts, and debunking some myths about bees.

A PREHISTORIC ALLIANCE

One of the most enduring of all “socio-economic” partnerships that have formed spontaneously between different animal species is undoubtedly that established between man and bees. The earliest iconographic image testifying to this alliance, depicting a beehive and a honey gatherer, dates to about 9,000 year ago and was found in 1921 on the wall of Cueve della Araña, a group of caves in Valencia, eastern Spain. Beekeeping proper began shortly after, when following the Neolithic revolution, human beings went from being nomadic hunter-gatherers to sedentary agriculturalists, and began to raise social bees inside containers.

WHO SAID THAT WITHOUT BEES LIFE ON EARTH WOULD BECOME EXTINCT?

If thbee disappeared off the face of the Earth, man would only have four years left to live!” This famous quote, attributed to none other than Albert Einstein, appeared for the first time in a leaflet distributed by the National Union of French Beekeeping during a demonstration held in Brussels in 1994 to protest what was considered unfair competition from imported honeys.  However, there are no sources confirming the famous scientist’s paternity of the aphorism. Some say the phrase was coined by an American entomologist who presented it as that of the discoverer of relativity to give it more celebrity, while others claim it was entirely invented by the UNAF.

Whoever was the author, they overestimated the role of bees in safeguarding biodiversity. Before Christopher Columbus and European colonisation, there were no bees in America, and the same could be said for Oceania. These insects are an import from the Old Continent, and the history of pre-Columbian and Paleo-Australian civilisations shows that although life without bees would be more difficult for biodiversity, it would not be impossible.

TUTANKHAMUN AND BEES

With regard to the synergy between human beings and bees, it is interesting to note how the latter taught man the technique of mummification. When an animal perceived by the bees to be large (lizards, beetles or mice for example) invades the hive, it is stung to death. However, the carcass is too heavy for the bees to carry out of their habitat, and to protect against prevent possible dangers from decomposition, they cover it with propolis, which being a powerful antibiotic, preserves the invader’s corpse and transforms it into a mummy.

Around 4000 B.C., the Ancient Egyptians discovered this phenomenon, and made use of it for medical purposes. The priests used propolis to mummify the remains of the Pharaohs (propolis has been detected in all Ancient Egyptian mummies, including that of Tutankhamun, which has survived to this day almost intact), while physicians used it to treat infections of the skin and respiratory system, and to cicatrize and disinfect wounds.

BEES IN WINTER

The coming of winter with its cold and reduced daylight hours is also sharply felt by bees, who enter a phase of repose, almost hibernation, during this season. They cling tightly together in the warmest, most sheltered part of the nest, close to the stored honey and pollen, forming the so-called “winter cluster”, which continues until the internal temperature reaches 20-22°C.  However, not everyone knows that the bees hatched in winter to get the colony through winter are much longer-lived than those hatched in the summer. While the life span of the latter is around three weeks, the former can live as long as three months.  This depends on certain physiological differences that inevitably occur naturally when summer comes to an end. From the time they hatch, “winter” bees are reared with a greater quantity of pollen than that provided for those hatched in spring or summer.

Consequently the hypopharyngeal glands and other “adipose” tissues of most worker bees, which contain protein as well as fat, begin to enlarge as winter approaches. These substances make up food reserves which will be decisive in ensuring the bees have an unusually long lifespan.  Finally, through a process known as trophallaxis, bees are able to use their tongues to directly transfer to one another the honey that will serve as fuel to vibrate their flight muscles. (Similarly, colonies of penguins who have to survive temperatures as low as minus 50° also huddle closely together). This is one of the most brilliant examples in nature of how a living being is able to survive absolutely prohibitive conditions through fruitful cooperation with its fellows and the entire ecosystem.

Un alveare contro l’inverno

Un alveare contro l’inverno

Dopo un ottobre piuttosto caldo, le previsioni paiono indicare un abbassamento delle temperature. L’inverno arriverà improvviso e gelido, con abbondanti nevicate e perturbazioni diffuse. Non facciamoci cogliere impreparati e cerchiamo di capire come il miele e i prodotti dell’alveare possono essere preziosi alleati della nostra salute.

Il miele, lo abbiamo detto più volte, è uno degli alimenti più puri e meno manipolati che possiamo trovare in natura. Le sue proprietà giungono quasi inalterate dall’alveare alla nostra tavola, mantenendo intatte le sue peculiarità aromatico-gustative, ma anche quelle dietetico-salutari. Il miele è l’alimento base con cui le api si sostentano durante le stagioni autunnali e invernali, per questo ricchissimo di energia e benefici. Il “frutto delle api” non è però il solo prodotto ad avere proprietà curative: propoli, pappa reale e polline rappresentano un valido aiuto per integrare la dieta invernale e aumentare le difese immunitarie.

La linea ALVEARE di Brezzo e quella contiene prodotti che possono aiutare il nostro fisico e lenire gli effetti del freddo: vediamoli nel dettaglio.

PROPOLI BREZZO

Il propoli deriva da sostanze di natura resinosa e balsamica raccolte sulle piante e successivamente elaborate dalle stesse api per scopi di protezione antisettica. Il nome suggerisce la sua azione difensiva: in greco pro («προ») significa «davanti» e polis (πόλις) «città», ovvero «davanti alla città», le api utilizzano questo elemento per difendere l’alveare da malattie e predatori che possono metterlo in pericolo. Conosciuto fin dai tempi antichi – Plinio il Vecchio lo citava già nella sua Naturalis historia – il propoli è considerato uno dei migliori antisettici naturali. Viene consumato nella tradizionale soluzione alcolica, che può fungere anche da anestetico locale.

Quali sono le sue caratteristiche organolettiche?

Il propoli è ricco di flavonoidi, polifenoli e presenta un elevato contenuto di sali minerali, tra cui ferro, calcio, rame e manganese, vitamine del gruppo B. Non ha praticamente calorie, in quanto 100 grammi di questo prodotto contengono circa 15 kcal.

Quali gli effetti benefici?

Il propoli svolge numerose attività benefiche. La composizione di acido caffeico e flavonoidi rende il propoli un potente antinfiammatorio, efficace contro l’asma. Ma svolge soprattutto effetti antisettici, antivirali, cicatrizzanti, antimicotici, immunostimolanti e vasoprotettivi. Il propoli in soluzione alcolica è utile per afte, ascessi, vescichette del cavo orale. Sui denti doloranti ha un’azione decongestionante quindi efficace anche sulle gengiviti. Il propoli dà inoltre immediato sollievo alla gola infiammata, donando non solo sollievo, ma aiutando a prevenire raffreddori e influenze.

Curiosità

Il propoli è amico degli animali. Utilizzata nelle giuste dosi e sotto consiglio di un veterinario, può essere usata per curare la laringite di cani e gatti durante il periodo invernale.

Modalità di utilizzo

E’ raccomandabile l’utilizzo del propoli in caso di mal di gola e infiammazioni del tratto respiratorio. Mediante l’apposita pipetta si possono fare cadere 4 o 5 gocce di propoli direttamente nella gola. Si può ripetere l’assunzione tre o quattro volte al giorno.

POLLINE BREZZO

Raccolto dalle “api bottinatrici”, ogni singolo granulo di polline è un microcosmo di elementi necessari alla vita: proteine, vitamine, amminoacidi, carboidrati, enzimi e sali minerali. La completezza e la complessità dei suoi componenti fanno del polline un complemento utile per una dieta sana ed equilibrata.

Quali sono le sue caratteristiche organolettiche?

La composizione del polline d’api presenta tutti gli amminoacidi essenziali, è ricco di sali minerali, ferro, vitamine (C, A, B, acido pantotenico, acido folico) e flavonoidi, considerati potenti antiossidanti naturali.

Quali gli effetti benefici?

I flavonoidi, potenti antiossidanti contrastano l’insorgenza di malattie cardiovascolari perché abbassano il colesterolo, stabilizzano e rafforzano i capillari, riducono le infiammazioni e combattono la formazione di radicali liberi, responsabili dell’invecchiamento cellulare. Il polline stimola e rinforza il sistema immunitario e contribuisce a normalizzare la flora batterica dove si trova il 70% delle nostre difese immunitarie. Svolge un’intensa azione antinfiammatoria e, per la sua ricchezza in minerali, vitamine ed amminoacidi è molto indicato anche per la pratica sportiva.

Curiosità

Nell’antica Cina e nella medicina ayurvedica il polline era utilizzato come tonico energetico e nutritivo. Il suo carattere “fecondativo” era considerato una sintesi della forza vita, capace di rinnovarsi e perpetrarsi nel tempo.

Modalità di utilizzo

Si consiglia di assumere il polline quotidianamente, un cucchiaino al giorno è la dose indicata. L’ideale è assumerlo al mattino a colazione. Nei periodi di maggiore stanchezza si può arrivare a consumare un cucchiaino a colazione ed uno a pranzo. Avendo un effetto tonico se ne sconsiglia invece l’assunzione alla sera. L’ideale è consumare il polline da solo, masticandolo bene al fine di favorirne l’assunzione. Se non se ne gradisce il gusto lo si può anche mescolare con il miele oppure nello yogurt.

PAPPA REALE BREZZO

Nutrire l’ape regina è il compito più importante a cui attendono le api dell’alveare: da lei dipende il futuro di tutta la colonia. La sua alimentazione è perciò un concentrato di elementi benefici che hanno del miracoloso: grazie a questa dieta, un’ape regina è in grado di vivere fino a cinque anni, contro i 6 mesi di operaie e fuchi.

Quali sono le sue caratteristiche organolettiche e i benefici?

La pappa reale è un cocktail di vitamine, in particolare, è stato dimo­strato che è l’alimento più ricco di acido pantotenico (B5), una sostanza che svolge un ruolo fonda­mentale nel metabolismo cellulare e che si trova nelle cellule dei muscoli, del fe­gato, dei reni e del cervello. Ottima è an­che la presenza di sostanze minerali e oligoelementi tra cui calcio, rame, fer­ro, fosforo, potassio, silicio, zolfo: so­stanze che giocano un ruolo fondamentale nella regolazione del metabolismo. La pappa reale svolge anche un ruolo antibatterico e antibiotico e contiene sostanze ormonali in grado di favorire la crescita cellulare.

Curiosità

Negli anni ’60 e ’70 la scoperta di questo supercibo ha creato una vera e propria infatuazione: la pappa reale veniva considerata una panacea per qualsiasi male e un elisir di lunga vita. Oggi, sebbene queste aspettative siano ridimensionate, la pappa reale rimane uno dei cibi più interessanti per le sue indubbie proprietà salutistiche.

Modalità di utilizzo

Se ne consiglia l’assunzione a digiuno e per via sublinguale (cioè ponendola sotto la lingua e lasciandola sciogliere), per evitare, semplicemente deglutendola, una sua degradazione da parte dei succhi digestivi e gastrici. La dose consigliata è un cucchiaino (circa 500 mg). Al fine di sfruttarne al meglio i numerosi benefici si consiglia di assumerla per almeno 6 settimane, un periodo che può essere rinnovato varie volte nel corso dell’anno.

COCKTAIL REALE BREZZO

Il Cocktail Reale Brezzo è una miscela dei quattro doni più preziosi dell’alveare: il Miele, il Polline, la Pappa Reale ed il Propoli. Si tratta di un energetico naturale eccezionale in quanto riassume in sé tutte le proprietà dei quattro elementi di cui si compone che lo rendono un prodotto particolarmente ricco e completo.  È il prodotto ideale per chi pratica sport e chi si trova in una situazione di stress e fatica ma è anche consigliato per le persone anziane, i bambini ed in generale per tutte le persone che hanno bisogno di trovare energia e vigore. Si consiglia un cucchiaino da caffè al giorno. Per beneficiare al meglio della sua azione energetica e salutare si consiglia di prolungare il consumo almeno per un mese.