Storia del Miele, dalla Preistoria alla Grecia Antica

Vi racconteremo una dolcissima quanto affascinante storia: quella del miele. Conosciuto fin dalla preistoria, il miele era il più prezioso – perché unico – dolcificante dell’epoca antica. Utilizzato come corroborante e unguento da Egizi e Babilonesi, tra i Greci divenne «cibo degli dei».

Anche se la parola «miele» sembra derivare dall’ittita melit, la storia di questo celebre dolcificante è molto più antica di quella dell’omonima popolazione indoeuropea che abitò l’Asia Minore nel II millennio a.C. La presenza di piante che producono nettare e polline è documentata tra i 100 e 150 milioni di anni, mentre le prime api compaiono sulla Terra fra i 50 e i 25 milioni di anni fa. Non sono ancora però le api sociali, – cioè le api che agiscono come organismo collettivo – che, secondo gli studi, avrebbero un’età che va dai 20 a 10 milioni di anni – l’essere umano, a titolo di paragone, fa la sua comparsa sulla Terra solo un milione di anni fa!

Anche se la parola «miele» sembra derivare dall’ittita melit, la storia di questo celebre dolcificante è molto più antica di quella dell’omonima popolazione indoeuropea che abitò l’Asia Minore nel II millennio a.C. La presenza di piante che producono nettare e polline è documentata tra i 100 e 150 milioni di anni, mentre le prime api compaiono sulla Terra fra i 50 e i 25 milioni di anni fa. Non sono ancora però le api sociali, – cioè le api che agiscono come organismo collettivo – che, secondo gli studi, avrebbero un’età che va dai 20 ai 10 milioni di anni. L’essere umano, a titolo di paragone, fa la sua comparsa sulla Terra solo un milione di anni fa!

IL BASTONE E LA BIBBIA

Già nella Preistoria si conosceva la bontà del miele: i nostri antichissimi progenitori erano soliti procurarselo intingendo un bastone nei nidi d’ape dentro i tronchi degli alberi e tra le rocce. Fonte insospettabile di questa modalità di procacciamento è la Bibbia: nel I libro di Samuele si legge infatti che Gionata, figlio del re Saul, «allungò la punta del bastone che teneva in mano e la intinse nel favo di miele, poi riportò la mano alla bocca e i suoi occhi si rischiararono» (I Sam. 14,27). Una prima testimonianza artistica di questa ricerca del miele ci viene offerta da un dipinto, databile intorno al 7000 a.C., eseguito sulla parete di una grotta sita a Cueva de la Aragna (Spagna orientale): in tale pittura rupestre si nota una figura umana, arrampicatasi fino al nido d’api tramite delle liane, nell’atto di prendere con una mano dei favi di miele mentre nell’altra tiene un contenitore da trasporto.

LA NASCITA DELL’APICOLTURA E LA LUNA DI MIELE

Il passaggio dal nomadismo alla sedentarietà ebbe come conseguenza l’abbandono di questi sistemi primitivi di procacciamento e la nascita dell’apicoltura. Pare che i primi a sviluppare questa pratica furono – intorno al 3000 a.C. – gli Egizi, i quali usavano deporre accanto alle mummie grandi coppe o vasi ricolmi di miele per il loro viaggio nell’Aldilà (alcuni di questi recipienti sono stati recentemente rinvenuti durante gli scavi ancora perfettamente conservati).

Dalla decifrazione dei geroglifici risulta che le ricette a base di miele erano impiegate non solo ad uso alimentare ma anche medico, per la cura di disturbi digestivi e per la produzione di unguenti per piaghe e ferite.

L’espressione “luna di miele” nacque in questi anni remoti, probabilmente da usanze babilonesi. Il popolo mesopotamico definiva in questo modo il mese successivo al matrimonio di una coppia: in tale periodo il padre della sposa aveva l’obbligo di rifornire il genero del liquido dorato affinché egli si ristorasse e fosse aiutato nelle “fatiche amorose”. D’altronde anche la medicina ayurvedica, già nel 2700 a.C. circa, considerava il miele non solo dolcificante ma anche purificante, dissetante, vermifugo, antitossico, regolatore, refrigerante, stomachico, cicatrizzante e, appunto, afrodisiaco.

IL CIBO DEGLI DEI

Nella Grecia antica il culto per l’ambrosia, il “cibo degli dei”, portò a un forte interesse verso il comportamento delle api, il cui allevamento veniva di solito affidato a uno schiavo esperto in materia chiamato melitouros. Scrissero di miele e apicoltura scrittori come Omero (che narra la raccolta del miele selvatico), Pitagora (che considerava il miele un elisir di lunga vita) e Aristotele (che descrive minuziosamente il comportamento delle api).

Le conoscenze elleniche in materia furono ereditate dai Romani. Anche presso la civiltà latina possiamo riscontrare un forte interesse verso il miele, visto che i più grandi autori del periodo hanno trattato l’argomento (tra questi Virgilio nel IV libro delle Georgiche e Plinio il Vecchio nella sua Storia naturale). Anche nella romanità il lavoro apistico era affidato a schiavi “eruditi”, gli apiarii, che con la loro competenza garantivano un reddito elevato ai loro padroni.

I Romani importavano grandi quantitativi di miele da Creta, Cipro, Spagna e soprattutto Malta; da quest’ultima pare anche derivare il nome originale Meilat, appunto «terra del miele».


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